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Boss Developer Developer من عند نيويورك من عند نيويورك

قارئ Boss Developer Developer من عند نيويورك

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هذا الكتاب كان مذهلا.

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بينما كنت أعلم بمآسي شركة ويلي ومارتن للعربة اليدوية من قراءة الكتاب الذي كتبه زوجي ، "وهل نموت" ، فقد عمل هذا الكتاب على تحديث أحدث المواد المتعلقة بالوضع. أنا أقدر ما كشفه المؤلف في جلب رؤى إضافية إلى القصص المفاهيمية والفعلية للعائلات المهاجرة التي تكبدتها في القيام بالحج.

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ما هو كل هذا العناء. ممل! استسلم بعد 70 صفحة

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Ci sono tre cose che tutti gli uomini saggi temono: il mare in tempesta, una notte senza luna, e l'ira di un uomo gentile E c'è una cosa che non cambia mai, il mio trovarmi spiazzata al momento di iniziare un commento. Specialmente se è il commento a un romanzo di quasi 1200 pagine che, a sua volta, è solo una parte di una saga ben più lunga. Dove iniziare? Come valutare? Dove porre i pesi sulla nostra bilancia? Partiamo dall'inizio, per chi non conoscesse di cosa si sta parlando. La paura del saggio (dal titolo originale ben più musicale, The Wise Man's Fear) è il secondo volume della trilogia delle Cronache dell'assassino del re (nuovamente l'originale suona decisamente meglio, The Kingskiller Chronicle). Nel primo volume, Il nome del vento, avevamo conosciuto Kote - locandiere di una sperduta cittadina - che aveva ceduto alle insistenze di Cronista e aveva accettato di narrare la sua storia. Non quella di Kote, anonimo locandiere, ma quella di Kvothe, eroe leggendario o assassino senza scrupoli a seconda di chi racconta la storia. Creduto morto da alcuni, mai esistito da altri, e sulla cui testa pende una taglia del tutto reale. Il nostro locandiere-eroe-bandito aveva sì accettato di narrare la sua storia, ma alle proprie condizioni: Cronista sarebbe rimasto ad ascoltarlo per tre giorni, non uno di più. non uno di meno, e ogni volume della trilogia corrisponde a una giornata di narrazione. Se nel Nome del Vento avevamo assistito all'infanzia e all'adolescenza di Kvothe, alla sua vita pre-epica, ai passi che hanno condotto alla creazione dell'eroe, La paura del saggio ci accompagna nel passaggio tra l'adolescenza e l'età adulta, tra il Kvothe studente e il Kvothe protagonista delle leggende e delle storie di poeti e menestrelli. Il secondo volume riparte esattamente da dove il primo aveva chiuso, e questo pone un piccolo inghippo. Rothfuss ci ha messo 4 anni per finire The Wise Man's Fear; io avevo letto Il Nome del Vento nel 2008: 3 anni fa. La mia memoria non è ancora a livelli disastrosi, ma poco ci manca, e se mi ricordavo abbastanza bene la trama generale, tante piccole cose erano ormai svanite negli anfratti più reconditi del mio cervello. Un rientrare nella storia più graduale, con qualche richiamo in più agli eventi precedenti sarebbe stato d'aiuto. D'altra parte, mi rendo conto che un bel riassunto alla "dove eravamo rimasti" risulterebbe estremamente fastidioso per chi stesse leggendo i romanzi uno in fila all'altro, e sarebbe ben poco amalgamabile in un racconto che è continuo e narrato nell'arco di un tempo così breve. Detto questo, mi sa che una rilettura del primo volume è da mettere in conto a breve. La Paura del Saggio si può dividere grossolanamente in due parti: la prima che vede Kvothe ancora all'Accademia, ancora studente e ancora bambino nel percorso della sua vita; la seconda che vede Kvothe inoltrarsi nel mondo, lasciare l'abbraccio ruvido ma rassicurante dell'Arcanum per entrare in una fase della vita in cui ha solo se stesso su cui far di conto. Cambia così, insieme alla vita del protagonista, anche la nostra esperienza. Insieme a lui impariamo a conoscere meglio il suo mondo, impariamo le sottigliezze della corte, la verità dietro le leggende, gli usi e i costumi di popoli barbari che poi così barbari non sono. E arrivati alla fine del percorso, ritroveremo un Kvothe che è profondamente e irremediabilmente diverso da quello che aveva rivisto all'inizio. La Paura del Saggio è, a mio modestissimo parere, un gran bel libro. Non perfetto e che lascia una senso di smarrimento nel suo cercare di racchiundere una storia epica nell'arco di un racconto così breve, ma con tantissimi pregi a bilanciare gli aspetti meno convincente (sinceramente non mi sento nemmeno di definirli "negativi"). Tra i punti di forza, Rothfuss ci mostra ancora la sua incredibile capacità di narrazione. Parole che scivolano via come miele, che danzano e che giocano e che solo in parte sono offuscate da una traduzione non sempre all'altezza (per carità, sempre eoni meglio delle orride traduzioni di Jordan della Ciocci, ma alcune cose fanno comunque storcere il naso. Al di là di qualche refuso di troppo - cosa di cui comunque non faccio colpa al traduttore in sé, ma dove diavolo sono finiti i famosi correttori di bozze? - alcune scelte mi hanno lasciata perplessa: un'imprecazione qui - perché mai usare "Cristo!" in un mondo dove, fino a prova contraria, la figura di Cristo non è minimamente complecata? - una confusione temporale là - se si parla in continuazione di "cicli", perché introdurre a caso le "settimane"?), caratterizzazioni che sono spesso top-notch e un world building che se non è ancora ai livelli di un Erikson o di un Jordan (parentesi, ma quanto mi hanno ricordato gli Aiel i suoi Adem?) si fa sempre più sicuro e imponente. Tra gli aspetti che mi hanno convinta meno, la maggior lentezza della seconda parte del volume, alcune ripetizioni di troppo (l'abbiamo capito tutti che sei stup, ehm, orgoglioso Kvothe. E che sei un Edema Ruh. Basta ripeterlo ogni due secondi!) e l'idea che ancora ben non si capisca dove si voglia andare a parare. Il che a ben pensarci non è esattamente un difetto, Kvothe sta narrando la sua vita, e non sono in molti che sanno dove andrà a parare la propria esistenza mentre la stanno ancora vivendo. Non ho idea di come Rothfuss riuscirà a concludere il tutto con solo un volume a disposizione. Da qualche parte ho letto che in realtà il progetto è di chiudere in un volume la narrazione della vita di Kvothe fino al momento del suo incontro con Cronista e di sviluppare in una trilogia successiva le questioni che sono rimaste ancora aperte (e dati gli avvenimenti raccontati nella Paura del Saggio, le questioni aperte sono parecchie), il ché avrebbe senso. Temo altrimenti che il senso vagamente claustrofobico della seconda parte di questo volume - troppi avvenimenti, in troppo poco tempo e con un ritmo vagamente troppo lento (par quanto questo possa apparire un controsenso) - non potrebbe far altro che peggiorare. Detto questo, non vedo l'ora che Rothfuss finisca anche il terzo volume di questa trilogia. Sperando che non ci metta altri 4 anni. PS: Bast rimane il mio demone preferito :P